XXXI GIORNATA MONDIALE DEL MALATO

XXXI GIORNATA MONDIALE DEL MALATO – 11 FEBBRAIO 2023

«Abbi cura di lui». La compassione come esercizio sinodale di guarigione

La celebrazione della XXXI Giornata Mondiale del Malato, che ricorre l’11 febbraio 2023, memoria della Beata Vergine Maria di Lourdes, è l’appuntamento annuale voluto da Giovanni Paolo II, con lo scopo tra l’altro di “sensibilizzare il popolo di Dio e le molteplici istituzioni sanitarie cattoliche e la stessa società civile, alla necessità di assicurare la migliore assistenza agli infermi”.

Un appuntamento propizio per riservare una speciale attenzione alle persone malate e a coloro che le assistono, sia nei luoghi di cura sia nelle famiglie da parte delle comunità parrocchiali e da parte di tutta la cittadinanza.

Il tema di questa Giornata si ispira alla parabola del ‘‘Buon Samaritano’’. Papa Francesco l’ha scelta come cardine, come punto di svolta, per poter uscire dalle “ombre di un mondo chiuso” e “pensare e generare un mondo aperto”. La malattia fa parte della nostra esperienza umana. Ma essa può diventare disumana se è vissuta nell’isolamento e nell’abbandono, se non è accompagnata dalla cura e dalla compassione. Perciò, in questa XXXI Giornata Mondiale del Malato, nel pieno di un percorso sinodale, siamo invitati a riflettere sul fatto che proprio attraverso l’esperienza della fragilità e della malattia possiamo imparare a camminare insieme secondo lo stile di Dio, che è vicinanza, compassione e tenerezza.

Per la fragilità non c’è spazio. E così il male, quando irrompe e ci assale, ci lascia a terra tramortiti. Può accadere, allora, che gli altri ci abbandonino, o che sembri a noi di doverli abbandonare, per non sentirci un peso nei loro confronti. Così inizia la solitudine, e ci avvelena il senso amaro di un’ingiustizia per cui sembra chiudersi anche il Cielo. Fatichiamo infatti a rimanere in pace con Dio, quando si rovina il rapporto con gli altri e con noi stessi. Ecco perché è così importante, anche riguardo alla malattia, che la Chiesa intera si misuri con l’esempio evangelico del Buon Samaritano, per diventare un valido “ospedale da campo”: la sua missione, infatti, particolarmente nelle circostanze storiche che attraversiamo, si esprime nell’esercizio della cura e del prendersi cura. Tutti siamo fragili e vulnerabili; tutti abbiamo bisogno di quell’attenzione compassionevole che sa fermarsi, avvicinarsi, curare e sollevare. La condizione degli infermi è quindi un appello che interrompe l’indifferenza e frena il passo di chi avanza come se non avesse fratelli e sorelle.

In questo senso l’impegno diventa testimonianza concreta nelle numerose “locande del Buon Samaritano” in cui malati di ogni genere possono essere accolti e curati, soprattutto coloro che non trovano risposta alla loro domanda di salute o per indigenza o per l’esclusione sociale o per le difficoltà di cura di alcune patologie. Sono realtà preziose da promuovere sempre di più perché parlano di quell’amore misericordioso che nella storia ha generato opere di Vangelo.

Anche quando non è possibile guarire, sempre è possibile curare, sempre è possibile consolare, sempre è possibile far sentire una vicinanza che mostra interesse alla persona prima che alla sua patologia. Davanti alla condizione del nostro prossimo, Gesù offre un modello di comportamento. Propone di fermarsi, ascoltare, stabilire una relazione diretta e personale con l’altro, sentire empatia e commozione per lui o per lei, lasciarsi coinvolgere dalla sua sofferenza fino a farsene carico nel servizio (cfr Lc 10,30-35).

Tenuto conto di quanto fin qui espresso, il nostro “fare” pastorale dovrebbe ripartire dalle seguenti espressioni e atteggiamenti che possono essere sintetizzati in questi stili da assumere:

  1. Essercie “Stare” come persona non solo come tecnico e professionista o con un determinato ruolo;
  2. umanizzare i luoghi di cura come impegno a fare emergere la “relazionalità”, quale elemento curativo, un fondamentale aiuto per attraversare le situazioni dolorose (perché il dolore va attraversato) e recuperare la dignità di persona;
  3. ascolto silenzioso (non ci sono mai risposte “accettabili” di fronte a tanto dolore;
  4. speranza come atteggiamento di fiducia, emersa grazie ai gesti di presenza e vicinanza espressi in varie forme) per recuperare il proprio quotidiano e la propria fede.

La conclusione della parabola del Buona Samaritano, infatti, ci suggerisce come l’esercizio della fraternità, iniziato da un incontro a tu per tu, si possa allargare a una cura organizzata. La locanda, l’albergatore, il denaro, la promessa di tenersi informati a vicenda (cfr Lc 10,34-35): tutto questo fa pensare al ministero di sacerdoti, al lavoro di operatori sanitari e sociali, all’impegno di familiari e volontari grazie ai quali ogni giorno, in ogni parte di mondo, il bene si oppone al male.

«Abbi cura di lui» (Lc 10,35) è la raccomandazione del Samaritano all’albergatore. Gesù la rilancia anche ad ognuno di noi, e alla fine ci esorta: «Va’ e anche tu fa’ così».

La parabola ci mostra con quali iniziative si può rifare una comunità a partire da uomini e donne che fanno propria la fragilità degli altri, che non lasciano edificare una società di esclusione, ma si fanno prossimi e rialzano e riabilitano l’uomo caduto, perché il bene sia comune. Infatti, «siamo stati fatti per la pienezza che si raggiunge solo nell’amore. Vivere indifferenti davanti al dolore non è una scelta possibile.

Affidiamo tutti i malati, gli operatori sanitari e coloro che si prodigano accanto ai sofferenti, a Maria, Madre di misericordia e Salute degli infermi perché sostenga la nostra fede e la nostra speranza, e ci aiuti a prenderci cura gli uni degli altri con amore fraterno.

Ragusa, 26 gennaio 2023

 

                                                                                                                                                                                                                                                                                                   Don Giorgio Occhipinti

Direttore Ufficio per la Pastorale della Salute

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