San Martino, patrono delle Cure Palliative
11 novembre 2023
L’Ufficio diocesano per la pastorale della salute da diversi anni è impegnato a stare accanto alle persone ammalate e alle loro famiglie per migliorare il più possibile la qualità di vita e alleviare la sofferenza. L’invito è rivolto in particolare al personale delle Cure Palliative per garantire a sempre più persone l’accesso alle cure e portare la dolcezza di un sorriso, mettendo al centro i desideri e i bisogni della persona.
L’11 novembre ricorre la Giornata delle Cure Palliative, data legata a San Martino, giovane soldato che decise di tagliare a metà il suo mantello (dal latino «pallium») per offrirlo come ristoro a un mendicante infreddolito e ammalato che chiedeva aiuto. Proprio da «pallium» deriva “palliative” ed è così che San Martino, che con il suo mantello avvolge la persona sofferente per alleviarne il dolore, è considerato oggi il patrono delle Cure Palliative.
Dagli Hospice cattolici emerge sempre più un nuovo impegno su formazione, sussidiarietà e accompagnamento nelle scelte di pazienti e famiglie.
L’Hospice come luogo di celebrazione della vita, aperto alla speranza. È l’approccio che deve caratterizzare le strutture cattoliche dedicate alle cure palliative, come indicato nel documento «Una presenza per una speranza affidabile. L’identità dell’Hospice cattolico e di ispirazione cristiana», presentato nel 2020 dal Tavolo tematico costituito presso l’Ufficio nazionale per la Pastorale della salute: scaturito dopo mesi di riflessioni e di analisi, il testo è una sorta di manifesto per gli Hospice sparsi in l’Italia. Domani si celebra la Giornata nazionale delle Cure palliative (l’11 novembre, in omaggio alla solidarietà iconica di san Martino di Tour), ed è sempre più evidente la necessità di avere risposte convincenti alle domande legate al fine vita.
Accanto all’ambito della comunicazione, essenziale per promuovere la piena dignità della vita fino all’ultimo istante, la formazione degli operatori è uno dei punti basilari, soprattutto in ambito relazionale, etico e spirituale. «Sono carenze molto grandi non solo per le strutture del fine vita ma in generale per tutto il sistema sanitario. La comunicazione delle notizie difficili, i colloqui con le famiglie, il supporto al lutto necessitano competenze specifiche che vengono spesso sottovalutate. Il paziente è al centro del lavoro di cura, ma è importante imparare a parlargli e soprattutto ad ascoltarlo, mettendosi nei suoi panni e comprendendo ciò che sta vivendo, anche dal punto di vista spirituale. «Quando ci si avvicina alla morte ci si interroga nel profondo.
Gli operatori, sono chiamati ad accompagnare i malati e le famiglie a trovare un senso in quello che stanno vivendo. Resta essenziale anche la formazione in ambito bioetico. Ci si trova davanti a grandi sfide ed è bene sviluppare la capacità di interrogarsi, discutendo dei casi concreti con specialisti».
Le cure palliative sono servizi di prossimità ed è giusto che avvengano in continuità il più vicino possibile dove il paziente ha trascorso l’intera vita, vicino ai suoi affetti.